Dottor Catrambone, si osservano sempre più problemi alla tiroide o alle paratiroidi nei pazienti con cardiopatia congenita. È davvero così? Quali sono i disturbi più frequenti che riscontra?
I disturbi più comuni riguardano la patologia nodulare della tiroide e, talvolta, l’ipotiroidismo. Per quanto riguarda le paratiroidi, si possono riscontrare casi di iperparatiroidismo primitivo, ossia un’attività eccessiva e autonoma di una paratiroide.
Perché queste patologie si manifestano proprio in chi è nato con una cardiopatia? Esistono legami diretti, indiretti, o si tratta di una coincidenza?
Poiché si tratta di patologie molto diffuse anche nella popolazione generale, occorre prestare attenzione prima di trarre conclusioni. Tuttavia, due fattori possono incidere maggiormente:
1) L’esposizione a radiazioni in età infantile per indagini radiologiche, che può danneggiare la tiroide anche a distanza di 20-25 anni.
2) L’assunzione di farmaci che, in alcuni casi, hanno un effetto citolitico sulla tiroide. Inoltre, la presenza di danno renale può alterare la funzione delle paratiroidi: in caso di insufficienza renale, infatti, il metabolismo del paratormone risulta modificato.
Quali segnali dovrebbe tenere d’occhio un paziente adulto con cardiopatia congenita per sospettare un problema alla tiroide o alle paratiroidi?
La patologia nodulare della tiroide viene generalmente diagnosticata tramite ecografia. I sintomi compaiono tardi, quando i noduli sono già di dimensioni rilevanti. Sono invece più frequenti i segni di ipofunzione tiroidea, come un’eccessiva stanchezza.
Per quanto riguarda le paratiroidi, i sintomi emergono quando l’alterazione è presente da tempo, almeno un anno: si possono verificare aritmie (quando il calcio è molto alto), coliche renali o dolori articolari. Gli esami più utili sono: dosaggio del calcio nel sangue, ecografia tiroidea e dosaggio degli ormoni.
Esistono percorsi di screening attivi al Policlinico San Donato?
Sì. I pazienti seguiti nel reparto di cardiopatie congenite hanno già in programma il dosaggio degli ormoni tiroidei, l’ecografia tiroidea e il controllo del calcio e della funzionalità paratiroidea.
Quando si rende necessario un intervento chirurgico, cosa cambia se il paziente ha anche una cardiopatia? Sono previste precauzioni particolari?
Assolutamente sì. È fondamentale che l’anestesia venga gestita da un’équipe con esperienza specifica in pazienti con cardiopatia congenita. L’intervento deve essere eseguito mantenendo la pressione sistolica stabile, con monitoraggio tramite catetere arterioso. Inoltre, è essenziale che gli anestesisti sappiano usare farmaci specifici in modo tempestivo e con i dosaggi adeguati. Tutto ciò è possibile solo in centri specializzati con esperienza su questa tipologia di pazienti.
A proposito di chirurgia: oggi si parla molto di tecniche avanzate. Quali sono le novità più rilevanti per chi ha una storia clinica complessa come quella dei pazienti con cardiopatia congenita?
Una delle innovazioni più importanti è la possibilità di evitare l’intervento chirurgico tradizionale nei casi di noduli di piccole dimensioni, trattabili con la termoablazione. Quando l’intervento è necessario, oggi si possono utilizzare tecniche che riducono il trauma chirurgico, come il monitoraggio dei nervi ricorrenti e l’uso di ultrasuoni. Questo consente interventi più rapidi, anestesie più brevi e una minore incidenza di complicanze.
A San Donato collaborate in équipe con cardiologi, endocrinologi e altri specialisti. Come funziona concretamente questo lavoro di squadra per chi ha bisogno di un intervento alla tiroide?
Quando emerge un problema endocrinologico, il cardiologo lo segnala all’endocrinologo per una valutazione. Se c’è indicazione all’intervento, si valuta la compatibilità del paziente con l’intervento stesso, la possibilità di ricorrere a tecniche mini-invasive e, se necessario, si programma la data dell’intervento e l’eventuale terapia post-operatoria. Tutto il percorso – dalla diagnosi alla cura – è coordinato da un’équipe multidisciplinare.
I pazienti con cardiopatia congenita spesso hanno vissuto numerosi ricoveri e controlli. Quanto è importante ascoltare la loro storia, oltre ai dati clinici?
È fondamentale. Occorre capire quale sia il vissuto del paziente rispetto al ricovero, rassicurarlo sul fatto che un intervento per patologia tiroidea è breve e non comporta limitazioni gravi. Questo aiuta a ridurre l’ansia legata a esperienze ospedaliere passate più impegnative.
Che consiglio darebbe a un giovane adulto con cardiopatia congenita in buona salute, ma che non ha mai controllato la tiroide?
Gli consiglierei, al prossimo controllo presso il centro di riferimento, di eseguire un’ecografia tiroidea, il dosaggio degli ormoni tiroidei e della calcemia.
Infine, quanto sarà importante in futuro il lavoro in rete tra specialisti per seguire pazienti con patologie croniche complesse come le cardiopatie congenite?
Sarà fondamentale. Non è pensabile prendersi cura di pazienti con cardiopatie congenite complesse senza il supporto di un’équipe interdisciplinare.